'In sede di condominio, chi e' diventato condomino soltanto dopo il passaggio dal riscaldamento centralizzato agli impianti autonomi puo' far annullare la delibera adottata dall'assemblea laddove contraria al regolamento. E cio' perchè non si puo' ritenere che l'acquirente, in questo modo, deve accettare le modifiche agli impianti e debba vedersi preclusa l'azione di nullita' quando allega un interesse ad accertare l'invalidita' della decisione: il fatto che gli impianti autonomi consumano e inquinano di pia'¹ integra un valido interesse ad agire'. Questo e' il principio di diritto espresso dalla Cassazione Civile con la pronuncia n.12235 del 14 giugno 2016 in merito alla nullita' alla delibera che vietava il riscaldamento centralizzato.
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I fatti di causa
. Una societa' immobiliare con citazione impugnava innanzi al Tribunale di Milano la delibera assembleare del Condominio con la quale era stato autorizzato il distacco (del condominio) dall'impianto centralizzato di riscaldamento di acqua calda. In particolare, l'attrice precisava che con la delibera in esame, si era deciso di procedere al distacco con l'invito ai condomini di munirsi dell'impianto autonomo; peraltro, lo stesso regolamento di condominio, disciplinava che non si poteva rinunciare ai servizi comuni nonchè il divieto di distacco. Inoltre, veniva ribadito che la realizzazione degli impianti autonomi (ventuno camini), potevano causare un maggiore inquinamento atmosferico in quanto non dotati di impianti di depurazione dei fumi. Per le ragioni esposte, la societa' attrice precisava che la delibera era da considerarsi nulla e pertanto chiedeva la condanna del condominio al riallaccio del servizio centralizzato (atteso anche il grave danno per l'ambiente e la salute). Costituendosi in giudizio, il condominio contestava in toto le pretese della societa' attrice; in particolare, eccepiva che l'impianto di riscaldamento andava sostituito perchè logoro e obsoleto e che i costi per la sua conservazione erano ingenti e insostenibili. In primo grado, il Tribunale adito dichiarava la nullita' della delibera impugnata con condanna del condominio al riallaccio del servizio termico. In grado di Appello, veniva riformata la sentenza, in quanto, a parere della Corte territoriale, la societa' attrice era carente di legittimazione ad impugnare (diventata condomina tre anni dopo l'approvazione della delibera). Avverso tale pronuncia, veniva proposto ricorso per cassazione.
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Il regolamento di condominio e il regolamento contrattuale. L'art. 1138, primo comma, c.c. recita: 'quando in un edificio il numero dei condomini e' superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonchè le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione'. Quindi, la funzione di tale regolamento e' quella di disciplinare l'uso delle cose comuni, prevedere i criteri di ripartizione delle spese (al regolamento infatti devono essere allegate le tabelle millesimali), fissare le norme a tutela del decoro dell'edificio nonchè quelle inerenti l'amministrazione della cosa comune. Quanto al procedimento di formazione del regolamento nei complessi immobiliari con pia'¹ di dieci partecipanti (ma non e' infrequente anche i quelli pia'¹ piccoli) solitamente e' il costruttore che al momento della vendita delle singole unita' immobiliari inserisce nell'atto di compravendita il regolamento di condominio. Questo regolamento e' detto contrattuale (o negoziale) in quanto accettato e sottoscritto da tutti i condomini; tuttavia, puo' accadere che il costruttore non lo inserisca nei contratti e che debbano essere i condomini in sede assembleare a votarlo per dotarsene. In queste circostanze, ogni condomino potra' prendere l'iniziativa per la formazione e/o la revisione del regolamento esistente (art. 1138, secondo comma, c.c.). In tal caso parliamo del regolamento di natura assembleare che per essere valido dovra' riportare il voto della maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi.
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La differenza e gli effetti dei regolamenti. La differenza fra i tre tipi di regolamento non e' solo nominale ma puo' estendersi al contenuto: cosa'¬, mentre il regolamento assembleare puo' contenere norme, a volte, esclusivamente, a dare attuazione al contenuto dell'art. 1138, primo comma, c.c., quello contrattuale - essendo per l'appunto un accordo negoziale tra tutti i partecipanti al condominio - potra' limitare i diritti di ogni condomino sulla proprieta' esclusiva. Premesso cio', quanto al rispetto delle norme, giova ricordare che in presenza di un regolamento assembleare, esso sara' obbligatorio per tutti i condomini nonchè per i loro aventi causa (in sostanza gli acquirenti dell'appartamento) e gli eredi; mentre, per il regolamento c.d. contrattuale, in questo caso, trattandosi di un vero e proprio contratto esso avra' effetto solo tra le parti (art. 1372 c.c.) Difatti, per opporre il regolamento al neo condomino, quindi, e' necessario che ricorrano, alternativamente, due circostanze: a) o il regolamento deve essere allegato o quanto meno richiamato ed espressamente accettato nell'atto d'acquisto dell'unita' immobiliare; b) oppure al momento della vendita della prima unita' immobiliare (cioe' quando nasce il condominio) lo stesso deve essere trascritto nei pubblici registri immobiliari.
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Il ragionamento della Corte di Cassazione. Secondo la corte, non rileva il fatto che la societa' fosse diventata condomina tre anni dopo l'approvazione della delibera, atteso che la precedente dante causa era contraria all'adozione della previsione regolamentare di natura contrattuale (regolamento negoziale). Quindi, atteso che la delibera aveva inciso nella sfera giuridica della precedente dante causa, a parere dei giudici, anche il successore a titolo particolare (acquirente) aveva titolo e interesse a impugnare la delibera adottata in epoca anteriore al suo acquisto. Difatti, la nuova condomina, al momento dell'acquisto era del tutto ignara del distacco, sicchè l'interesse ad impugnare emergeva in maniera chiara dal tenore della propria azione per la nullita' della delibera. Sul punto, i giudici di Piazza Cavour hanno avuto modo di precisare che agire per il ripristino del vecchio impianto non e' atto emulativo se il singolo proprietario ne ha interesse: l'interesse economico ed ecologico bastano a conferire la legittimazione ad hoc.
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Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia in commento ha accolto parzialmente le domande della societa' ricorrente; per l'effetto, ha cassato con rinvio ad altro giudice che dovra' stabilire se si deve tornare o meno all'impianto centralizzato.
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